Bobby McFerrin e il suo “Don’t worry, be happy”

Bobby McFerrin, all’anagrafe Robert Kieth McFerrin jr, è un cantante, compositore e direttore d’orchestra jazz. Figlio di due cantanti lirici (il padre, in particolare, fu il primo cantante d’opera afroamericano a prodursi alla Metropolitan Opera di New York), rappresenta un caso più unico che raro di musicista con orecchio assoluto, esploratore per eccellenza, in grado di unire jazz e folk alle diverse influenze musicali, siano esse corali, a cappella o classiche.

Fin dall’inizio della sua attività di musicista, McFerrin combina atmosfere acustiche recuperate dalla tradizione africana, a metà strada tra tribalità e spiritualità, a cui unire una forte emotività; il tutto farcito dalla straordinaria estensione vocale di quattro ottave che percorre tutti i registri. Le sue esibizioni acquisiscono ancora più fascino perché McFerrin usa il proprio corpo come cassa di risonanza, battendo le mani sul petto, e, ancora di più, per il continuo botta e risposta con il pubblico in platea, che diventa protagonista attivo delle performance.

Essere presenti a un concerto di McFerrin sia come vocalist che come direttore d’orchestra, è un’esperienza da non perdere!

Tra tutte le sue produzioni, degna di nota è la famosissima “Don’t worry, be happy”, canzone nata nel 1988 come improvvisazione in sala di registrazione sovrapponendo due volte la propria voce e considerata un vero e proprio inno alla felicità da oltre trent’anni. Il titolo della canzone trae ispirazione dal celebre motto di Meher Baba, maestro spirituale indiano. E del resto, il testo della canzone offre spunto a riflessioni profonde su quanto tristezza e depressione possano essere contagiose. McFerrin insiste sull’indicare la strada dell’indifferenza nei confronti delle preoccupazioni di ogni giorno, perché “passerà presto, qualsiasi cosa sia”, quindi “don’t worry, be happy”. E, ben al di là del significato profondo celato dietro le parole, McFerrin abilmente ha dato vita a un pezzo ritmicamente accattivante, dal motivetto contagioso e trascinatore, che ha sbancato in quasi tutte le classifiche musicali, mantenendo addirittura per due settimane la prima posizione indiscussa della Billboard Hot 100. Se a tutto questo si aggiunge che nell’anno successivo, durante la cerimonia dei Grammy Awards, viene premiata come “canzone dell’anno”, a cui si somma anche il riconoscimento come “miglior performance maschile”, possiamo tranquillamente dire che McFerrin ha vinto su tutto, con un pezzo che ha fatto e continua a fare la storia della musica jazz, ma non solo, in tutto il mondo, pur mantenendo i piedi saldamente piantati per terra.