Alto, biondo, invisibile…e con lo sguardo biblico.

Avrete già intuito che si tratta di Lucio Dalla, il musicista poliedrico, paroliere e poeta, che ci ha lasciato nel 2012.

“Se io fossi un angelo”, il brano di cui parliamo oggi, uscì nel 1985, quando era ancora in atto la guerra fredda tra USA e Unione Sovietica .
Dalla, attraverso il gioco narrativo dei ruoli, si immedesima nell’angelo custode e come tale immagina di poter stare accanto a chi sta soffrendo per la guerra, agli ultimi della società.
In versi densi di poesia Dalla  canta delle contraddizioni che pervadono la nostra società denunciando le tante ingiustizie di cui siamo sempre più spettatori.
Il primo pensiero, per l’angelo Dalla, è parlare ai capi di Stato per riportarli ognuno sulla retta via. Un angelo irriverente, rivoluzionario, libero e anche un po’ diavolo, che, riferendosi ai potenti, farebbe pipì “sui vostri traffici, sui vostri dollari sulle vostre belle fabbriche di missili…”
Un angelo tutt’altro che immobile a farsi venerare, ma che sceglierebbe di essere attivo, di prendere posizione nel mondo.
“Se io fossi un angelo” è dunque anche una riflessione sul rapporto dell’uomo con la religione. Una religione svuotata di contenuti, quando viene banalizzata nell’adesione meccanica ai suoi riti, adattata a una società consumistica in cui le festività diventano una festa dei consumi e l’angelo diventa solo una statuina da mettere nel presepe.

E poi c’è il tema del perdono. Nella sua posizione privilegiata, a modo suo, l’angelo dialoga con Dio: il perdono può essere concesso ai “potenti e ai mascalzoni”?
In fondo questa vita terrena è un inferno per i tanti ultimi che saranno i primi e che avranno la loro ricompensa con la vita eterna. Ma l’uomo Dalla vorrebbe che giustizia fosse fatta prima e che Dio, per questo motivo, intervenisse.