La “musica del popolo” cantata dalla nostra Corale

Ci sono modi differenti per denunciare maltrattamenti e ingiustizie.

C’è chi usa la voce. Urla, si dispera, usa le parole peggiori, credendo che l’offesa aiuti a rafforzare la sua opinione.

C’è chi scrive. Io lo faccio. È utile, ti aiuta a scaricare, ti permette di correggere il tiro, quando si concretizza in frasi cariche di astio, odio, rammarico. Eppure, non sempre si viene ascoltati. Che controsenso!

C’è poi chi decide di affidarsi alla musica, parafrasando a volte sia il mezzo vocale, che quello scritto. E non è un’idea così elementare. Pensate un po’ a tutte le volte che una canzone ha fatto parte della vostra giornata e, in un momento bello o drammatico, è dimenticata la vostra colonna sonora. Ecco, in quel momento si inizia a comunicare attraverso un testo, che viene scritto, sulla base di una melodia, che viene composta partendo da un sentimento o emozione che gli autori provano.

Nel lontano 1845, Victor, al secolo Victor Hugo, si prepara a scrivere quella che diventerà l’opera simbolo del Romanticismo. Un racconto travagliato per lo scrittore francese, che vive, e rivive, il dramma del sopruso, della violenza e dell’emarginazione perpetrata ai danni dei miserabili della società. La storia racconta il periodo dal 1815, anno in cui Napoleone Bonaparte viene sconfitto a Waterloo, al 1833, anno dei moti che scandagliano l’Europa intera e non risparmiano la Francia dilaniata dalla guerra popolare e dalle epidemie.

Victor non è un semplicemente uno degli scrittori del suo tempo più ascoltato, è soprattutto quello che dà voce a chi voce non ne ha, in un tempo fatto di armi e di idee antiche, non più adatte a un presente che si evolve e vuole giustizia.

Il libro de “I Miserabili”, realizzato in 5 tomi in cui sono racchiuse le storie di 5 dei personaggi principali, ha riscosso grande successo. Innanzitutto perché la decisione della stampa ottocentesca è stata di pubblicare delle anteprime utili a stuzzicare le fantasie dei lettori, che attendevano con trepidazione l’uscita del tomo. A questo è seguito, ai giorni nostri, l’idea che la realizzazione di un musical, tanto cinematografico quanto teatrale, potesse essere l’exemplum più adatto per scuotere le coscienze dei potenti.

Dal 1985, Les Misérables detiene il primato del musical più longevo di sempre.

Cameron Mackintosh, regista dell’omonimo film, ha detto: «Ho sempre pensato che fosse un musical formidabile, ma non avrei mai pensato che uno spettacolo così serio potesse durare così a lungo. È in grado di toccare ogni generazione, ovunque nel mondo».

È un dramma, che vede il trionfo dello spirito umano. I personaggi sono persone comuni, vivono gioie e dolori comuni. Sembrano perfettamente adattabili al nostro tempo. E cosa più importante: le loro emozioni vivono attraverso la musica. Mackintosh ha, infatti, voluto fortemente accanto a sé due compositori e musicisti, che hanno lavorato spalla a spalla con lui nella produzione del film; si tratta di Alain Boubill e Claude Michel Schönberg. Musica e parole sono diventate così il mezzo per abbattere “barricate” e “uomini affamati di vendetta”, per risollevare l’anima da “delusioni amorose” o da “riscatti dopo una vita da ladro e furfante”.

Perché vi racconto questo?

La Corale nell’ultimo periodo sta lavorando a due brani del musical Les Misérables. Se in un primo momento la sensazione iniziale è stata quella di dissociarsi dal brano, subito dopo aver capito il contesto, le parole e il messaggio per cui questi brani sono nati, la loro preparazione è venuta quasi come una conseguenza, non forzata, ma fortemente sentita.

In “Do you hear the people sing?”, quel rullo di tamburi che si avverte da lontano accoglie le nostre voci appena percepibili, ma, in un crescendo di grande impatto, mettono i brividi. È difficile non lasciarsi trascinare da questi richiami!

Ad ogni prova, quando ormai il brano è concluso e necessita solo di qualche ritocco qua e là, l’esecuzione viene registrata. Riascoltarla ha sicuramente un vantaggio: ci permette di capire gli errori grazie al supporto dei nostri due maestri; ma ci fa rendere conto, in particolare, della potenza delle nostre voci. Molti, compresa la sottoscritta, sono entrati a far parte della Corale non credendo di avere grandi capacità vocali. Mi sono ricreduta. La mia voce è una fra tante, in un voluminoso richiamo che all’unisono trasmette emozioni, forza, vitalità, coraggio e potenza. E cantare di queste cose, non solo ci permette di non dimenticare, ma ci offre uno strumento per invogliare al cambiamento, come la Corale stessa ha fatto, rincorrendo un’evoluzione necessaria e continuando a fare quello che ha fatto Victor Hugo nel tuo tempo: dare voce a chi voce non ha.